Attraversare una crisi può cambiare radicalmente il significato di fallimento: vediamo come!
Quando la coppia entra in crisi, una delle paure più ricorrenti è il fallimento. Questo può riguardare sia una possibile chiusura del rapporto sia il rimanere in coppia.
Nel primo caso la paura è di fallire in un progetto di vita, di sentirsi falliti da un punto di vista relazionale.
Una frase tipica è: “Non posso crede di aver vissuto per tanti anni con una persona che adesso mi sembra uno sconosciuto!”
Molte persone in questa fase riferiscono che la separazione equivale a non aver raggiunto un obiettivo di vita, qualcosa che non pensavano potesse accadergli.
Anche rimanere in coppia può essere vissuto come un fallimento. I pensieri tipici sono il timore di essere dipendenti affettivamente, il dubbio che ci si sta accontentando, la paura di rimanere soli.
In ogni caso la paura comune e quella del giudizio di amici, parenti e colleghi e mentre nel caso della separazione l’evento è sotto gli occhi di tutti, tenere in vita la coppia può mantenere le apparenze ed evitare di dare troppe spiegazioni.
Ma sono questi i veri fallimenti?
Cambiami le emozioni
Lucia esordisce elencandomi tutti i problemi che ha con il marito molto più grande di lei: interessi molto diversi, relazione impostata più come padre/figlia che marito/moglie, assenza di desiderio sessuale da parte sua, scarsa complicità.
Lei non vuole avere rapporti sessuali mentre lui la cerca, lei vorrebbe condividere le sue passioni con il marito ma a lui non interessano, vorrebbe fare sport o delle attività culturali con il partner ma lui vuole stare a casa perché dopo il lavoro è stanco.
Nonostante mi descriva una relazione tra due estranei, l’idea di separarsi non la sfiora nemmeno da lontano: il matrimonio non si mette in discussione.
La sua richiesta di “aggiustarla”, aiutarla a vivere il rapporto con suo marito in modo più soddisfacente ma nello stesso tempo non si può assolutamente immaginare di cambiare qualcosa.
È come se mi chiedesse di lasciare tutto così e di cambiare “solo” l’aspetto emotivo connesso. Come se ci fosse un modo per cambiare le emozioni a piacimento, come se fossero qualcosa di indipendenti dai fatti.
Non tarda a manifestarsi il fantasma del fallimento inaccettabile che si nasconde dietro questa crisi di coppia. Non può considerare la possibilità di aver sposato la persona sbagliata, di rendere pubblica quest’onta ai famigliari, agli amici e ai colleghi.
Con il permesso del divino…
Immacolata è molto cattolica, ha sposato un uomo che nel giro di poche settimane si è rinchiuso in casa e ha smesso di lavorare passando dal divano al letto e lamentandosi di essere depresso e demotivato.
Si accorge che quando lei è fuori casa in realtà il marito esce per andare a giocare alle slot machine o ai gratta e vinci. A lei crolla il mondo addosso per il segreto tenuto dal marito e per la paura che lui possa essere davvero malato. Tenta di aiutarlo in tutti modi, anche venendo da me e cercando di capire come comportarsi.
In realtà ha già fatto di tutto, è stanca, sfiduciata, senza energie e la prospettiva di vivere per decenni con un ludopatico la fa stare malissimo.
Dopo qualche incontro mi confessa che è talmente disperata che ha pensato addirittura al divorzio e che potrebbe uscirne “pulita” anche agli occhi di amici e parenti, appellandosi alla Sacra Rota perché il matrimonio non è mai stato consumato!
Mi spiega che non hanno mai avuto rapporti completi, che lui vuole ricevere piacere ma è schifato da un contatto qualsiasi con i genitali femminili. Non si immaginava tutto questo perché come vuole la tradizione è arrivata vergine al matrimonio.
Oltre al crollo dell’autostima come donna vede impossibilitato il suo desiderio di avere dei bambini e questa è la goccia che fa traboccare il vaso.
Come in uno scavo archeologico, dalla sabbia emergono le prime rovine e negli incontri successivi ritroviamo l’oggetto più profondo ed intimo: la sessualità inappagata e sterile.
Per uscire da questa crisi di coppia non si può prendere la via diretta ma bisogna avere un sacro permesso che possa autorizzare l’annullamento di un matrimonio che ha le sembianze di una matrioska di problemi insopportabili.
Qui la sofferenza di un fallimento sociale e religioso rischia di pesare sul piatto della bilancia quanto il desiderio di diventare madre.
Moglie o figlia?
Il terzo caso di Elisa, una professionista matura, madre di tre figli che comincia subito dicendomi che non sopporta più suo marito e che si vuole separare! Decide tutto lui, dal colore delle tende a cosa preparare per cena, dagli svaghi per il fine settimana all’organizzazione delle vacanze.
La sua crisi di coppia sembra essere causata dall’atteggiamento prevaricante del marito…
La conduco ad esplorare la possibilità di vivere senza suo marito: gestione autonoma della casa, tempo libero, possibilità di conoscere uomini che condividano i suoi interessi, ecc.
Con il procedere del dispiegamento di questo scenario immaginario, invece di sentire gioia e senso di liberazione, Elisa sviluppa ansia, preoccupazione, timore.
I sentimenti negativi perdurano diversi incontri e la signora si rende conto di quanto sia rassicurante l’atteggiamento paterno di suo marito che le concede di adagiarsi anche piuttosto amorevolmente nel ruolo di figlia servita e riverita.
Elisa inizialmente viveva come un fallimento l’incapacità di separarsi dal marito come avevano fatto diverse amiche e colleghe.
Si sentiva una debole ma in realtà non aveva considerato la sua specificità, il suo carattere, la sua storia, e le sue necessità che erano molto diverse dagli esempi di altre donne che lei prendeva come riferimenti.
Come non fallire mai
In queste tre storie la paura di fallire è l’ago della bilancia che tiene in bilico tre vite umane ed altre ad esse collegate.
Separarsi è un fallimento? Continuare la relazione è un fallimento?
Evidentemente l’errore più grande è pensare in termini assoluti e cercare una risposta univoca.
L’unico fallimento è non entrare nella crepa prodotta da queste crisi, infilando una leva che possa rompere il muro di false convinzioni su di sé e sulla propria coppia.
Continuare a vivere una vita non propria o una relazione inesistente, perseverare sulle convinzioni che hanno generato il problema, insistere con un pensiero onnipotente e fatalista che prima o poi le cose si sistemeranno.
Questi sono atteggiamenti mentali che stanno preparando un fallimento ancora più grosso.
Per non fallire davanti agli occhi delle divinità, degli amici, dei parenti, si fallisce con se stessi e con i propri figli perché questi ultimi sono i giudici più attenti e severi. Solo in rari casi tollerano le menzogne tra i genitori e quando succede è spesso indice di grande fragilità.
Come non fallire mai nella vita affettiva?
Scoprendo quali sono i tuoi veri desideri, quali sono le credenze che ti stanno facendo prendere la strada sbagliata o ti tengono su quella giusta. Mettere una distanza tra te e le pressioni sociali, religiose e famigliari e lasciare quello spazio che serve per ascoltarti profondamente. Se tutto questo è troppo difficile, chiedi aiuto ad un professionista di cui ti fidi: la posta in gioco è la tua vita.
“Durante un periodo difficile puoi imparare a sviluppare la forza interiore, la determinazione e il coraggio necessari ad affrontare i problemi. Il vero fallimento è scoraggiarsi, perché così perdi un’occasione preziosa per progredire” (Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama)